venerdì 3 marzo 2023

 


Claudio Borzi ha pubblicato:" Come “soddisfare il bisogno di salute delle persone con gravi disabilità intellettive attraverso percorsi diagnostici e clinico-assistenziali individuali e facilitati"? Per rispondere a questa esigenza da alcuni anni al San Camillo Forlanini di Ro" Comunicare per Crescere




Claudio Borzi

Mar 3

Come “soddisfare il bisogno di salute delle persone con gravi disabilità intellettive attraverso percorsi diagnostici e clinico-assistenziali individuali e facilitati"?

Per rispondere a questa esigenza da alcuni anni al San Camillo Forlanini di Roma è stato ideato e realizzato il “Progetto TOBIA” (Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali) che fa parte della rete DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance): un punto di riferimento importante e prezioso per andare incontro alle esigenze specifiche di moltissimi pazienti e per le loro famiglie che si intende adesso replicare in tutte le Asl del Lazio.

L’evento in programma il 6, il 13 e il 20 marzo è finalizzato proprio a questo: la formazione di nuove equipes ospedaliere secondo il modello TOBIA per realizzare altrettanti percorsi di assistenza e cura in tutta la Regione Lazio.

Orgoglioso e grato per l’opportunità di dare un contributo a questa formazione nella giornata del 13 marzo.



Anche e soprattutto in questo contesto la capacità di entrare in relazione e di accompagnare tutto il percorso di accoglienza, assistenza e cura è un elemento di fondamentale importanza.

Il Progetto TOBIA è una realtà da far conoscere e sostenere, perché l’assistenza sanitaria è un diritto sempre e per tutti. 


L’evento è dotato di 19 crediti ECM e chi volesse partecipare può contattare i numeri che riporto qui:

06 58706099 - 346 2337741

giovedì 9 giugno 2022

 


Claudio Borzi ha pubblicato:" Il tema della comunicazione è sempre molto importante:  ricordiamo infatti che le risposte che riceviamo dipendono da come abbiamo saputo comunicare. Nel contesto sanitario, se possibile, è ancora più importante perché ci riferiamo a situazioni spesso" Comunicare per Crescere

Salute: il valore aggiunto dell’atteggiamento positivo e di una comunicazione appropriata

 


lunedì 30 maggio 2022

 

A qualcunə piace complicato: può un artificio linguistico correggere le arretratezze socio-culturali?




Claudio Borzi

Mag 26

Bentrovate tutte e bentrovati tutti, amiche e amici, lettrici e lettori!

Ecco, nel 2022, per ribadire la propria sensibilità ai diritti di tutt* anzi, di tuttu bisogna tenere conto delle nuove forme linguistiche che nascono nel tentativo di evitare qualsiasi discriminazione e con il desiderio di rispettare ogni varietà di genere, includendo anche chi, legittimamente, rispetta una percezione di sé che non rientra né nel genere femminile, né in quello maschile (il caso della -u finale). 

Insomma, il politically correct avanza nella sensibilità di parte del mondo occidentale e cerca di farsi spazio anche nella lingua, parlata e scritta.

Oltre all'uso dell’asterisco e della desinenza in -u si afferma con sempre più forza l’idea di introdurre lo schwa - ə , non solo nello scritto, ma anche nel parlato. Eviteremmo dunque il rischio di sembrare tutti di origine sarda grazie all’abbondanza di parole con vocale terminale in -u e potremo invece dare l’idea di essere stati colpiti da una generalizzata paralisi da botulino per le labbra, perché lo schwa pare vada pronunciato come una vocale che risulti sintesi delle altre 5, la cui emissione corretta è favorita dalla totale inespressività dei muscoli che muovono la bocca. 

(da Wikipedia)

Questa è almeno l’idea che mi sono fatto prendendo informazioni sullo schwa.

Ma perché lo schwa? Perché assumerebbe il valore del neutro, ritenuto più inclusivo e paritario, che esisteva in latino ma non è rimasto nell’italiano e andrebbe a sostituire il valore universale assunto nella nostra lingua dal genere maschile.

Confesso però, a questo punto un mio impasse: è senza dubbio inevitabile che la lingua accompagni, preceda o segua i mutamenti socio-culturali del popolo che la parla e sono anche profondamente convinto che ogni discriminazione sia da condannare e da superare, la grande domanda che però mi pongo è:

Siamo certi che la ridondanza della doppia declinazione al femminile e al maschile o l'introduzione artificiale del genere neutro, imponendo la - ə, basti o serva per superare l’attuale gap che registra nella nostra società ancora una palese disparità di genere in molti campi?

Penso che producano molti più cambiamenti culturali e sociali un certo numero di leggi che garantiscano fattivamente la parità di genere e l’inclusività piena di ogni appartenenza benché statisticamente minoritaria.

Non posso neanche nascondere un senso di disagio che provo quando ascolto l’artificiosità ampollosa dei vari: tutte e tutti, le inglesi e gli inglesi, le cittadine e i cittadini, le atlete e gli atleti,  le milanesi e i milanesi etc. Questo modo stucchevole di esprimersi, ormai sta diventando più che altro un segno qualificante per alcune parti politiche e più che ad una esigenza di chiarezza nella comunicazione, sembra rispondere alla volontà o necessità di affermare una propria identità fondata su un’apertura di vedute in termini di diritti sociali. In definitiva, un lessico un po’ autoreferenziale e distintivo della propria appartenenza alla categoria delle persone più al passo con i tempi.

L’effetto deleterio di questa costruzione ridondante delle frasi è che se ne possa poi diventare schiavi e chi dovesse omettere di usarla, rischierebbe di non apparire tra coloro che mostrano maggiore sensibilità all’inclusione.

Speriamo che queste locuzioni cerimoniose siano come la moda, che a un certo punto passa: un po’ come la parola petaloso che è sparita dai radar o i pantaloni a zampa d’elefante.

A quanto pare, comunque, l’Accademia della Crusca ha bocciato l’introduzione dello schwa e non posso non concordare con Cecilia Robustelli, ordinaria di Linguistica italiana presso l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia che con la Crusca collabora, quando afferma che “quando si cambia qualcosa in una lingua ci si deve innanzitutto chiedere se quel cambiamento funziona per assolvere allo scopo che un sistema linguistico deve compiere, cioè la comunicazione”, esortando poi a “non affidare alla grammatica il compito di comunicare nuovi generi”.

Insomma, non vogliatemene e, soprattutto, non dubitate della mia totale apertura mentale, desiderio di piena inclusività e rispetto paritario per ogni unicità esistente, per dirla con Drusilla Foer, ma continuerò a usare la lingua italiana per come l’ho appresa

Lo farò perché mi piace di più, suona meglio, è più spontanea dei vari “care e cari” che sanno di impostato, cerimonioso e inamidato lontano un miglio.

Ringrazio tutte le persone (toh!?) che hanno avuto la bontà di leggere fino alla fine, includendo proprio tutti, (scusate la coerenza) ed evviva la lingua italiana, così complessa e affascinante, ricca e vitale e che merita di rimanere libera da inutili forzature posticce.


giovedì 10 giugno 2021


 Il valore del pensiero positivo e l’ostacolo delle credenze limitanti


Capita anche a me di leggere articoli sul pensiero positivo, spesso molto interessanti e a volte parziali: il tema è complesso e credo meriti un approfondimento.

In particolare non credo che in assoluto si possa considerare il “pensiero positivo” una panacea per tutto ma neanche un elemento privo di efficacia.
Più che di pensiero positivo parlerei di atteggiamento positivo, nei confronti della vita, di ciò che accade, nelle relazioni, nella percezione di se stessi, nel modo in cui si progetta la propria esistenza e si stabiliscono obiettivi, perché quello che conta è sempre la reazione a ciò che accade più che l’accadimento in sé e la qualità di questa reazione determina il modo di stare al mondo.

A volte le contrarietà possono diventare opportunità di crescita perché spingono a compiere alcune scelte che magari si stavano rimandando da tempo: ad esempio, una circostanza, anche dolorosa che determini la fine di una relazione che si trascinava stancamente da anni, in cui ciascuno stava male e non viveva più momenti di gioia; oppure un evento che costringa a cambiare lavoro scoprendo poi che proprio quel lavoro rendeva infelici perché non offriva la possibilità di esprimere tutto il potenziale, ma anzi costringeva alla condivisione di pratiche o finalità non in linea con i propri valori.

Per fare un altro esempio a tutti noto, la reazione incredibile di un personaggio come Alex Zanardi all’indomani dell’incidente in cui perse entrambe le gambe, evento che avrebbe legittimato un atteggiamento depressivo e rinunciatario ma che invece lui stesso ha commentato in seguito con queste parole: “Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa”.


 


Questo è il fulcro del pensiero positivo: dare valore a ciò che si ha e a ciò che si è e non a tutto ciò che vorremmo in più o di diverso, anche se ritengo lecito e opportuno tendere sempre al meglio, ma questa legittima aspirazione diventa solo nociva se vissuta con un senso di insoddisfazione e di carenza.

Una buona abitudine è quella di coltivare un atteggiamento costante di gratitudine che può anche essere rafforzato da una pratica quotidiana: alla fine di ogni giornata ripensare a tutto ciò di cui poter essere grati ed esprimere dentro di sé questo sentimento.
Un comportamento dunque lontano dall’abitudine alla lamentela, al piangersi addosso nella ricerca improduttiva di parole consolatorie e di pacche sulle spalle da parte degli altri, al contrario, un’attesa positiva di miglioramento, in cui vengano stabiliti chiari obiettivi in linea con i propri Valori, con il proprio Essere e lavorando per coltivare una sufficiente autostima in grado di fornire l’energia necessaria per conseguirli.


 
Una volta assunto questo atteggiamento di fondo, all’inciampo, all’imprevisto, all’ostacolo, non viene mai attribuita una forza paralizzante ma questi eventi vengono percepiti piuttosto come sfide, stimoli, occasioni per rivedere obiettivi e strategie, per pensare alle soluzioni con la certezza di poterle trovare, avendo anche l’umiltà di chiedere aiuto se in alcuni passaggi ce ne fosse bisogno.

Un aiuto che a volte può essere necessario per superare nodi di fondo senza il cui scioglimento sarebbe assai difficile promuovere l’atteggiamento positivo di cui abbiamo fin qui parlato. In questo ci si può orientare in vari territori, scegliendo quello che si avverta più consono: dal coaching alla psicoterapia, dalla meditazione al counselling e altro ancora.

Prendere la decisione di chiedere un aiuto dall’esterno è un atto d’amore verso se stessi.

Ad esempio potrebbe risultare un ostacolo obiettivo coltivare alcune credenze limitanti che spesso ci si trascina dietro da anni in modo più o meno consapevole senza riuscire mai a metterle in discussione. Finché non verranno depotenziate e sostituite con credenze potenzianti, gli obiettivi desiderati rimarranno lontani perché “Se una persona è realmente convinta di non poter fare qualcosa troverà una maniera inconscia per impedire che il cambiamento abbia luogo, troverà un modo di interpretare i risultati che si conformi alla convenzione esistente”. (Robert Dilts, Trainer PNL: “Convinzioni” – Astrolabio 1998).

In definitiva le credenze limitanti fanno tutte riferimento a un pensiero negativo: “non sono all’altezza”, “non ce la farò mai”, “sono sfortunato”, “non piacerò mai a nessuno”, “non mi merito la felicità” etc.
Se esistono sicuramente motivi per cui nel corso della vita tali convinzioni vengano assunte, se ne possono trovare tanti e tutti validi per decidere di scioglierle, chiedendo aiuto se necessario.

Intanto, coltivare un sentimento costante di gratitudine è certamente un buon inizio.



lunedì 20 maggio 2019

Comunicare è bene, comunicare bene è meglio!
In tutti i settori della vita una buona comunicazione fa la difFerenza. E' sempre possibile migliorare ed è utile farlo quando bastano davvero poche ore in un clima molto piacevole e stimolante.
Scrivimi per prenotare il tuo posto!
DOMENICA 26 MAGGIO, ad AXA - CASAL PALOCCO - ROMA

martedì 2 aprile 2019


Giovedì 11 e giovedì 18 aprile 2019
Due soli incontri di due ore ciascuno per gruppi, a distanza di una settimana l'uno dall'altro.

Vivere LIBERI DAL FUMO vuol dire svincolarsi dall'automatismo che porta ad  accendersi una sigaretta spesso anche senza provarne un effettivo desiderio, abbandonare il fumoso castello di false convinzioni che vi avevano fatto credere che fosse indispensabile mantenere una nuvola grigia permanente nei polmoni e soprattutto accorgersi che di tutto questo non se ne aveva alcun bisogno!

LIBERI DAL FUMO per ritrovare odori e sapori, più salute e anche più soldi in tasca!




L'abitudine del fumo è generalmente associata a false credenze del tipo: "Mi rilassa", "Mi aiuta nella concentrazione", "Mi aiuta a dominare l'ansia"...etc. etc., come se ai non fumatori fosse quindi preclusa la possibilità di essere rilassati, concentrati e tranquilli (!). Il punto è proprio questo: aver attribuito ad un gesto ripetitivo e sicuramente dannoso per la salute il "potere" magico di agire in proprio favore, porta alla reiterazione automatica del gesto e al continuo rafforzamento delle false credenze appena esposte.
L'unica certezza, invece, è l'assorbimento di più di 4.000 sostanze tossiche e l'indiretta "autocertificazione" di impotenza verso se stessi dal momento che si accetta di far dipendere il proprio "benessere" da un oggetto esterno e non da un raggiunto equilibrio interiore.
Smontare queste errate convinzioni è il primo passo per progettare una vita finalmente LIBERI DAL FUMO.

E' necessaria la prenotazione!

venerdì 22 marzo 2019


SE PUOI SOGNARLO, PUOI FARLO! (Walt Disney)

Uno schema efficace di Walt Disney per realizzare i suoi progetti prevedeva il passaggio per tre stadi:

1.       Quello del SOGNATORE: è essenziale poter partire da un proprio “sogno”, molto chiaro e ben definito.
2.       Quello dell’ORGANIZZATORE, cioè passare immediatamente al “come” poter realizzare quel sogno, quel progetto, facendo appello alla propria migliore capacità organizzativa.
3.       Infine, lo stadio del CRITICO assolutamente costruttivo, cioè bisogna a quel punto assumere la posizione che permette di valutare anticipatamente possibili criticità, o in qualche aspetto del “sogno”, o della modalità organizzativa, apportare le necessarie modifiche e riprendere questo schema finché tutto non scorra liscio.

Ciascuno di noi può recuperare la fisiologia, il “come ci si sente” relativa a ciascuno dei tre stadi ricordando come ci si era sentiti in quelle tre posizioni in relazione a precedenti esperienze: miglior capacità di sognare, di organizzare e di criticare in modo costruttivo.

Provate ad applicare questo procedimento a un qualche vostro obiettivo cui tenete molto e constaterete quanto  sia potenzialmente efficace.

Cosa evitare?

Di saltare uno qualsiasi dei tre passaggi:
·         se manca il SOGNO ovviamente non c’è nulla da organizzare ed eventualmente da rettificare,
·         se manca il “come ORGANIZZARE” il rischioè che si passi subito alla critica, però demolitoria del tipo “tanto non sarà mai possibile”.
·         Se manca la CRITICA costruttiva si rischia di partire in quarta ad organizzare e realizzare qualcosa che solo DOPO si rivelerà fallace perché non si era considerato un aspetto importante.

Buona realizzazione di sogni allora!

P.s.: non è necessario ripetere “supercalifragilistichespiralidoso”, ma se vi piace….😊